mercoledì 18 febbraio 2015

MONTHLY BOOKS |FEBRUARY| Lev Tolstòj, La Felicità Domestica

Non faccio mai propositi per il nuovo anno, ma una cosa che mi dico spesso è "Noemi cazzo, aggiorna quel blog. Ti piace tutto sommato, no? E allora, muovi quelle dita". Quindi, nella speranza che diventi un appuntamento fisso del quale magari non vi frega un emerita mazza  ho deciso di recensire, o no, meglio parlarvi liberamente del libro/i letti durante il mese. Oh sì.
Sul mio iPad riposa da parecchio tempo I Fratelli Karamazov di Dostoevskij, quasi terminato, ma che per mancanza di tempo non riesco a concludere; le mie amiche mi hanno regalato Conversazioni su di me e tutto il resto (una raccolta di interviste e conversazioni con Woody Allen collezionate negli anni da Eric Lax), che sto letteralmente adorando.
Ieri però ero in biblioteca ad ammazzare un po' di tempo, e passando davanti a Letteratura Russa ho preso dallo scaffale il racconto più breve mai scritto da Tolstòj, probabilmente, La Felicità Domestica. Il titolo mi ha lasciato un po' sorpresa, e l'ho portato con me in sala sul divanetto in pelle con la consapevolezza che diavolo sì, me l'ero trovato davanti perchè la felicità domestica è un qualcosa che in questo momento un po' mi manca, ne senso lato del termine, e qualcuno, o qualcosa, aveva voluto lo leggessi.
In un'ora ne ho fatto fuori quasi la metà (parliamo di un racconto di 103 pagine, quindi calmatevi), e tra ieri sera (davanti ad uno, due, tre bicchieri di Montepulciano d'Abruzzo) e stamani sono riuscita a chiuderlo ed a riporlo sulla mia scrivania.

Di che parliamo? Di un racconto datato 1859 che ripercorre l'innamoramento, il matrimonio e la vita domestica dopo il matrimonio della diciassettenne Mashechka e di Sergey Mikhaylych, amico del defunto padre di 36 anni. Dal momento in cui entrambi scoprono d'amarsi, alla decisione di sposarsi senza troppe cerimonie, al trasferimento in casa di lui e della convivenza con la suocera (è Masha a raccontare in prima persona), passando poi per l'inquietudine della giovane ed al desiderio di trascorrere più tempo in società che in campagna assieme al consorte, sempre più amareggiato e deluso dal comportamento della ragazza.

Ora, tralasciando la questione relativa al cambiamento della piccola Mascha, che passa dall'essere una dolce, pia ragazza di campagna ad una giovane donna ventenne affascinata da un mondo nuovo, quello della mondanità (senza esserne troppo colpevole, a parer mio), ciò che trovo più interessante è l'evoluzione del rapporto di coppia tra i due ed il modo in cui tutti i sentimenti che genuinamente sembrano certezze quando ci innamoriamo davvero di qualcuno possano modificarsi così, senza motivo apparente, semplicemente condividendo la quotidianità.

A volte mi passa per la mente l'idea che la colpa non sia da attribuire alle persone in sé, ma al tempo. Alla vita che noi uomini abbiamo costruito per noi stessi: alla società, a quella ruota infernale che è l'esistenza, che ci corrode e ci impedisce di essere noi stessi per più di, non so, simbolicamente, un anno. E che ci impedisce non di amare sinceramente, ma di poter condividere con l'altro ciò che stiamo attraversando senza riversare su di lui le nostre insoddisfazioni, le frustrazioni, gli avvenimenti della vita che lentamente ci stanno cambiando.

Perchè un conto è un amore incostante, un abbaglio, un amore che si esaurisce; altra cosa sono le incomprensioni che derivano dal condividere uno spazio assieme, che inevitabilmente ci mostrano perciò che siamo. Arrabbiati, intolleranti, astiosi, pigri, deboli, spaventati, tristi.

Non è incredibilmente... triste? Il fatto che ci si rassegni.

E' più semplice cedere se stessi che piegare gli altri (...) E soprattutto, le mieux est l'ennemi du bien. Credimi, quando ricevo una lettera, semplicemente quando mi sveglio, mi prende il terrore. Il terrore che sia necessario vivere, che qualcosa possa mutare (...)
Il pensiero che io potessi salvarmi dall'angoscia soltanto trasferendomi in città mi passava involontariamente  per la mente; e, allo stesso tempo, l'idea di distoglierlo da tutto quel che amava per mio vantaggio era per me fonte di pensa e vergogna.
Non capirei adesso quel che un tempo mi sembrava così chiaro e giusto: la felicità del vivere per gli altri. Perché per gli altri? Quando nemmeno per sé si ha voglia di vivere? 
Lev Tolstòj, La Felicità Domestica - la Feltrinelli
Lev Tolstòj, La Felicità Domestica - non vi sto linkando il file in pdf per il vostro iPad 
(oppure c'è la vostra biblioteca di fiducia ;))

See you soon ;)

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